# 6 marzo 2011 – E per colonna sonora ul re di scees, anzi lo scricciolo: seconda uscita del corso di birdwatching

La volta scorsa abbiamo scherzato, oggi si fa sul serio. Pare frase da western o giù di lì. In realtà, per dirla tutta, anche durante il primo incontro mica avevamo girato intorno agli argomenti. Ma era d’uopo anche dare una prima infarinatura sugli strumenti del mestiere. E l’uditorio? Si adegua, si adegua. Son già qui con il binocolo al collo. Complici il pieno sole e il desiderio di imparare. Laura ha addirittura provveduto a reperirne uno più adatto ai nostri scopi, leggi con ingrandimento meno forte. La presentazione sfrutta – citando opportunamente l’autore, non sia mai – istantanee, tra gli altri, dell’Edoardo Viganò da Villasanta, grande fotografo naturalista.

“Sì, ma non dimenticate la fenologia”, raccomandiamo io e l’Alfio. Il termine, inconsueto per i più, indica il rapporto che una specie può avere con il territorio durante l’anno: nidificante, migratore e compagnia cantante. Vedere una peppola a maggio, esempio come un altro, nel nostro territorio sarebbe molto molto anomalo, ai limiti del totalmente improbabile. Se identifico una specie come tale, meglio controllare bene: la cantonata è sempre in agguato.

I partecipanti sono da subito messi alla prova. Distribuiamo gli atlanti di riconoscimento, invitandoli a lavorare a gruppi. Le immagini scorreranno sulla parete, e toccherà ai nostri cimentarsi nell’identificazione. Quelli già un poco dirozzati forniscono un contributo significativo alla causa. L’importante è capire dove andare a parare. Quale o quali sono i dettagli più utili per l’identificazione. “…il cappuccio…”, azzarda una signora, facendo riferimento al fringuello. Nella fattispecie, non è proprio la scelta migliore. Ma siam qui per imparare, nessun problema. Più semplice per lo splendido frosone, ossessione del sottoscritto diversi inverni fa. Il becco di questo fringillide spicca come pochi.

Per la capinera il discorso si sposta su altri orizzonti. È il mondo dei silvidi, inesorabilmente carogna. Qui le ottiche servono fino ad un certo punto, si trattasse anche dell’ubiquitaria capinera. Le problematiche sono di vario tipo, mentre Giancarlo, nostro gradito ospite per una breve manciata di minuti, fa risuonare a sorpresa il canto della specie. I silvidi sono in genere nascosti nel folto della vegetazione. “…beh, allora li possiamo cogliere in volo….”, azzarda Roberto Zappoli, compagno di classe – pensa te – ai tempi dello Zucchi. Ottimista, inguaribile ottimista. Questi animali si muovono con brevi voli, e sempre in mezzo al folto delle chiome. Insomma, occorre conoscere il canto. E finché si tratta di capinere, la cosa fila via tutto sommato liscia. I problemi vengono poi: il gruppo si caratterizza per monotonia di forme e colori – leggi marcate somiglianze tra le specie, tanto per farci divertire – e per complessità di note, con possibili confusioni. Ma diamo tempo al tempo.

Qualche istantanea di picchi conclude il prologo. “..se durante un’uscita dalle nostre parti, non censisco picchio maggiore e picchio verde, delle due l’una: o non sono presenti, o sono un incapace…”.

Picchio rosso maggiore (foto di Edoardo Viganò)

Capitan Biffi ci lascia per impegni. Imbocchiamo il sentiero che dalla piccola scuola di Cascina Bracchi mena verso Cascina Melli. Un angolo di territorio risparmiato dal cemento. Le modalità di gestione delle colture non sono però favorevoli alla biodiversità, ma tant’è. “…e quello era…?”, chiede una delle partecipanti. Il riferimento è soprattutto al verso udito. L’approccio è quanto di meglio non potessimo sperare. D’occhio e d’orecchio: così si fa. La comitiva setaccia i campi intorno. L’Alfio ode uno scricciolo – un re di scees nel vernacolo –, ma è alquanto lontano. Qualche cornacchia è sui campi: poco prima, la specie è stata oggetto di breve discussione.

Scendiamo in corrispondenza di un corso d’acqua, in un settore boschivo. “……picchio verde….”, ormai i nostri adepti si stanno destreggiando. No, non lo abbiamo visto: è la risata della specie che risuona più volte. Lo scricciolo adesso si fa udire da più vicino. Forti gorgheggi: un bell’esercizio per il gruppo. L’Alfio si produce in uno dei suoi numeri favoriti: infilarsi nel folto della selva, si fa per dire, e cercare qualche buco di picchio. E lo trova, malnatt d’un naturalista. Ci torneremo sulla strada del ritorno. Una manciata di fringuelli mette alla prova le lenti dei nostri. La luce e la distanza rendono mica semplice individuare caratteri salienti, le parti bianche tanto per citarne uno.

E siamo sotto l’albero individuato da Alfio. “….una volta veniamo qui con una scala…”, butto lì. Mica scherzo. Una scala nel bosco: è attività svolta più volte in quel di Innerbach, su in Valle Aurina (Sudtirolo) durante i campi estivi coi ragazzi. Con una scala puoi fare di tutto, in un bosco.  Magari anche ispezionare vecchie baracche; ma queste sono altre storie. In questo caso, potrebbe servirci per mettere il naso in questi vecchi buchi di picchi. Beninteso: certi numeri si fanno quando si sa che si tratta di nidi, o di buchi appunto, vecchi e abbandonati. Altri alberi sono tormentati da questi volatili in questa bava di bosco. Sul più bello ci tocca però rientrare, mentre il Roberto del Sentieri e Cascine è sempre più attratto dal pianeta picchi: se son rose….

Dalla scuola di Cascina Bracchi canta un fringuello, finalmente vicino. Dall’altra parte della via, tre storni su un albero.

Alla prossima

Matteo Barattieri

2 pensieri riguardo “# 6 marzo 2011 – E per colonna sonora ul re di scees, anzi lo scricciolo: seconda uscita del corso di birdwatching

  1. il tuo racconto è un buon ripasso, grazie
    roberto z.

  2. Luciano Ponzoni marzo 7, 2011 — 8:59 am

    Il termine, inconsueto per i più, indica il rapporto che una specie può avere con il territorio durante l’anno: nidificante, migratore e compagnia cantante.

    E lo trova, malnatt d’un naturalista.

    Sei forte, Matteo!

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